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Lavorazione della Pietra Leccese

Da secoli nel Salento si estraggono due tipi di pietra calcarea il Carparo e, la più nota, Pietra leccese.

Il carparo che è una pietra calcarea  di origine marina assai porosa, è spesso utilizzato per la creazione di prospetti,  come quello  assai noto  della basilica di Sant’Agata a Gallipoli.La pietra leccese, (che nel dialetto locale è detta “ leccisu “),risale al periodo  miocenico e fa parte delle calcareniti marnose.
Questo tipo di pietra viene estratto all’interno di profonde cave, diffuse nel territorio ( famose quelle di Cursi e  Melpignano,) dove si estraggono  blocchi che vengono poi trasferiti nelle numersose botteghe.  La lavorazione è favorita dalla particolare malleabilità del materiale che consente la realizzazione di raffinati manufatti.
La pietra leccese venendo a contatto con gli agenti atmosferici, prima si indurisce assumendo un colore mielato o avana, col tempo si ricopre di muschi   (licheni).
In età preistorica, nel Salento la pietra leccese  venne anche  impiegata per innalzare dolmen e menhir, simbolo della profonda  religiosità e della cultura dell’uomo di allora,  ne sono testimonianza il dolmen   “Placa” , presso Melendugno e il dolmen “ Scusi” nel territorio di Minervino.
Sin dall’età romana i poderi di campagna salentini furono divisi da muri costituiti da conci di pietra calcarea sovrapposti l’un l’altro senza l’impiego di malta.
Estratti in particolar modo dal terreno per secoli questi massi di pietra vennero utilizzati dai cosiddetti “paritari” per costruire i famosi muretti a secco che, insieme alle “pagliare” tipici trulli salentini, si trovano in abbondanza nelle campagne della provincia di Lecce e ne caratterizzano l’immagine.
Tra la fine del cinquecento e la metà del settecento, epoca in cui fiorì il barocco leccese, artigiani locali, esperti nello scolpire  questo tipo di pietra, contribuirono al decoro di chiese, basiliche , conventi e palazzi nobiliari , sotto la guida di importanti artisti come  Gabriele Riccardi, Giuseppe Zimbalo detto “ lo Zingarello”, Cesare Penna e Giuseppe Cino.
Le facciate e gli altari delle chiese, ricche di colonne tortili, statue, putti , capitelli e volute, i prospetti e le volte interne dei palazzi,  sono la principale testimonianza della maestrìa degli intagliatori di pietra salentini.
Gli artigiani leccesi continuano la tradizione degli antichi maestri scalpellini, realizzando ancora oggi opere di grande bellezza.

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